S.P. CONFIDENTIAL
Intervista a Jonathan Poneman

Detto altrove del ritorno degli Shins, del reinventarsi ad alti livelli del marchio e della Seattle odierna, sono le parole di un personaggio solitamente schivo e poco incline alle interviste come Jonathan Poneman a chiudere, come meglio non si potrebbe, questa ricognizione sul presente e sul passato prossimo di una delle etichette più importanti della storia del rock. Tecnicamente fondata come fanzine e tape label da Bruce Pavitt nel 1979, è con l'ingresso di Poneman al fianco del suddetto che la cosa comincia a farsi seria. Il resto della storia, dai Nirvana in giù, lo sappiamo tutti. Quello che manca lo chiediamo proprio a Poneman, dal 1996 rimasto solo al timone dopo l'abbandono di Pavitt: Sub Pop raggiunge una popolarità enorme all'apice del grunge e della cosiddetta Scena di Seattle, lancia band incredibili e diventa sinonimo di un certo suono ben definito. Poi quasi scompare dalle prime pagine per un po'. Cose succede in questa parte meno conosciuta della storia dell'etichetta? “Beh, per noi non è stato proprio uno scomparire. Abbiamo continuato a pubblicare dischi, alcuni dei quali anche molto ben accolti. Ma come etichetta, avevamo perso la bussola. Stiamo parlando del periodo che va da metà anni'90 al 2000, grossomodo. Un periodo doloroso , per la verità: vizi di ogni genere, debiti di gioco… sì, il mio ex socio Bruce aveva un debole per i cavalli, ed ha sputtanato tutti i suoi soldi negli ippodromi. Io? Temporaneo lavaggio del cervello in una setta. Che altro puoi fare dopo aver riconfigurato la cultura giovanile del mondo occidentale? Prepararti ad incontrare Dio. Sfortunatamente – o fortunatamente, in realtà – non ha funzionato.”

Però. Vero o falso, che tipo. Il logo bianco e nero però non muore, e anzi ritorna in auge come simbolo di una delle etichette indipendenti leader nel mondo, con Give Up dei Postal Service come spartiacque gigante. Ecco quindi una rosa di artisti molto più eterogenea ed allargata non solo agli Stati Uniti tutti, ma al mondo (il Brasile di CSS, l'Italia di Jennifer Gentle, la Svezia di Lonely, Dear…). E il ragguardevole risultato dell'essere diventati sinonimo non più di un certo suono, ma di qualità. Come accade questo cambiamento? In cosa questa seconda vita dell'etichetta è differente dalla prima? “Dalla mia prospettiva, ora è molto più interessante. La Scena di Seattle esisteva da anni, prima che il resto del mondo se ne accorgesse. Oggi, grazie al progresso tecnologico, le esplosioni musicali sono scoperte e vissute in tempo reale, e non più anni dopo i fatti. Ho sempre avuto gusti musicali eterogenei, e oggi penso di saper capire quanto lontano e dove la Sub Pop possa spingersi. Ma sono comunque sempre leggermente scioccato quando qualcosa che amo diventa popolare. La verita è che i miei gusti sono abbastanza ordinari. Tutti quelli che ascoltano gli Shins li amano. È una reazione ordinaria.”

Due decenni sono intanto passati dall'uscita del primo album dell'etichetta. Qualche ricordo in particolare? “Il primo vinile, la raccolta Sub Pop 100 , uscì nel 1986. Ricordo che intervistai Bruce, il fondatore, nel mio programma radio. Tempo un anno e stavamo lavorando al disco finale dei Green River e pianificando il debutto dei Soundgarden. Nel 1988 cominciammo a dedicarci alla cosa a tempo pieno, e consideriamo sempre quell'anno come il primo anno della Sub Pop, anche se non è del tutto esatto. Fu però il primo anno in cui cominciammo a pubblicare dischi in modo incessante, e la cosa ebbe un impatto. Un colpo dopo l'altro.” Come è cambiata la scena musicale in città rispetto a quei giorni? Sub Pop è un'etichetta meno locale adesso: c'è forse carenza di band interessanti in zona? “Ci sono molte ottime band a Seattle. E ci sono comunque molte etichette di Seattle che lavorano con loro. Siamo stati spinti fuori dal mercato. Nessuno ha voglia di bazzicare a casa di vecchi come noi quando potrebbe essere in giro a rubare auto con gli amici. Sono come il vecchio pervertito del quartiere, cerco di tentare i giovani gruppi, ma sono stati tutti istruiti dai loro genitori e dai loro consiglieri legali di stare alla larga! Ma questo rende il tutto più imprevedibile, che è sempre una buona cosa.”

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